Sabato 15 giugno... Siamo io, Live e Palì che stiamo scendendo dai Faldi
(CAI 527). Ad un certo punto, lungo il sentiero, ci si mette di
traverso un ragazzo con un motore da enduro. Poco sotto un suo compagno
che gli fa cenno dove deve salire per completare "un passaggio" un
tantino ostico. Io gli urlo tre, quattro volte per far sì che ci veda,
ma nulla. E' così impegnato a girare il motore che nemmeno si preoccupa
che ci può essere qualcun'altro dietro di sè. Quando finalmente si gira,
vede il mio volto contratto dalla rabbia (già di mio non amo l'enduro) e
che gli sbraito di tutto. E mentre sto scendendo di fianco a lui, non
so come mi si chiude lo sterzo della bici e cadendo appoggio il braccio
sinistro sul sentiero. Una caduta come tante altre, ma che mi procura un
male incredibile. Scendo dalla bici, faccio il sentiero per un tot di
metri a piedi, poi mi rimetto in bici e provo a vedere se riesco almeno a
fare gli ultimi metri in sella e che caparbiamente riesco a chiudere.
Arrivati sull'asfalto, andiamo alla stazione e mi dico che magari è solo una contusione al gomito. Una birra per aspettare il
treno, un po di ghiaccio sul gomito e via verso casa. Passa un'ora. Ne
passano due. Il male persiste. Così mi decido di andare al
pronto soccorso di Faenza. Il braccio oramai mi fa un male bestia. Mi
chiamano. Una lastra. Capitello radiale rotto in maniera lievemente
scomposta, ma non da operare. Sono KO. Lo sono fisicamente e moralmente, anche perchè l'immobilità e l'inedia sono le cose di cui ho maggiormente paura nella vita.
Venerdì 19 luglio... Palì mi chiama per chiedermi se ce la faccio con il braccio e se ho voglia di fare un giretto in mtb. Io gli rispondo di sì e che è già da una settimana che oltre alla riabilitazione (che sta andando molto bene) sono uscito almeno 4 volte in MTB e che non mi pesa anche fare un giro tosto fisicamente, ma che magari tecnicamente sia alla portata del mio povero gomito. Marco dice che va benissimo, a patto che a fine giro ci scappi la birretta finale.