12 luglio 2014

Faldi e Crinali di Gamogna

Due anni fa io e Marco decidiamo di prendere il treno da Fognano per andarci a fare un giro in MTB nelle zone del marradese. Era un pomeriggio di canicola impressionante, l'umidità rasentava il 100% e il caldo risucchiava anche quelle poche energie che avevamo in corpo. Scendiamo dal treno, ci guardiamo attorno e con una voglia di pedalare pari a 0, cominciamo a muoverci in chissà quale posto. Fatto sta che pedalata dopo pedalata, ci viene l'idea di andare a fare un sentiero nuovo che passa da sopra Gamogna: in realtà in vari libri che abbiamo lo sconsigliano quasi a piedi, ma noi, testardi come siamo diciamo di provarlo anche in mtb.
Non so se è più fortuna o testardaggine, ma a volte trovare sentieri come i Crinali di Gamogna, ti danno uno schiaffo non da poco a livello di sensazioni che pochi altri riescono. Dare per scontata una uscita, un incontro o semplicemente un gesto è un male che non andrebbe mai fatto, anche perché dietro di essi si nascondo sempre delle possibilità meravigliose.

Marco è appena atterrato all'aeroporto di Bologna. E' tardi ma mi chiama lo stesso per chiedermi se domani mattina ci sono per farmi un giretto con lui. "Certo che sì!" rispondo io e senza tanto pensarci su decidiamo di fare un paio di sentieri in zona marradese: i Faldi e i Crinali di Gamogna con Monte Gianni finale.
L'indomani Palì è già alle 7.30 puntuale come uno svizzero davanti a casa mia.
Carichiamo le bici e  via verso Marradi. Parcheggiamo alla stazione dei treni del paese natale di Dino Campana e ci avviamo verso la prima salita di giornata, ovvero i Faldi.

Marradi e il fiume Lamone

La giornata è sensazionale e non sembra nemmeno di essere a luglio: ci sono 21° e l'umidità è praticamente inesistente. Una leggera brezza oltremodo ci accarezza mentre saliamo verso Campigno per andare a fare la prima (dura) salita di giornata con il suo divertentissimo single-track a scendere: i Faldi!
Poco prima di staccarci dall'asfaltata che conduce a Campigno/Farfareta, andiamo a fare rifornimento d'acqua vicino al corso del Fosso di Campigno. Il torrente è ancora in forma splendida anche perchè fino a due giorni prima ha piovuto a dirotto.

Fosso di Campigno

Riprendiamo la strada e dopo 100 metri giriamo a dx per un ponte bailey che porta ad una strada bianca.
Un cane comincia a latrare e il suo padrone esce fuori per assicurarsi di cosa stia accadendo.... nulla di nuovo. Altri bikers passano per questa strada che porta ad uno dei punti panoramici più belli della zona.

Marco si intende con il proprietario della casa

Passiamo una sbarra e qui comincia la salita... 3,5 km che vanno a coprire quasi 450 metri di dislivello! Senza tregua! E qui, in questa vallatina, il vento cessa e lascia spazio al sudore che cade copiosa dalle nostre fronti.

Salendo verso i Faldi

La salita è dura, anche se la strada è mantenuta molto bene. Un altra curva e siamo ai Faldi di Sotto.

Le ultime rampe davanti ai Faldi di Sotto

Siamo oramai in cima. Passiamo un capanno, poi una parte leggermente esposta e siamo in cresta. Davanti a noi c'è il Poggio di Valdolsera. Marco pedala tra il brecciolino in un ambiente quasi lunare.

Verso la vetta!

Ci fermiamo. Posiamo le bici e battiamo il "cinque".
Il panorama è strepitoso! Si vede nitidamente tutta la sx idrografica della vallata del Lamone: Giogana, Archetta, Monte Faggeta, Lozzole, Monte Romano, Monte Rontana. La visuale è da urlo. Poi con l'umidità pari a zero le foto sono da cartolina!

Crespino del LAmone e tutto il complesso Giogana - Archetta.


La giornata è davvero galattica. Nonostante siano le 11 e il sole è quasi a picco ci saranno al massimo 24/25°. Si sta davvero bene qua a contemplare la vallata. Ma ora è tempo di scendere.
Giriamo a dx in un'apertura tra la rete che ci porta prima ad un capanno di caccia, poi risalendo per un breve tratto, scendiamo e stando molto attenti giriamo a dx per il CAI 527. La prima parte è molto scassata, poi torna ad addolcirsi.

Comincia la parte a scendere.

Ad un certo punto le segnalazioni CAI girano a dx e dopo un breve tratto in falsopiano, comincia il vero e proprio sentiero dei Faldi. Gradoncini e parti in bosco si susseguono in rapida successione. Poi entriamo in bosco e qui i giochi cominciano a farsi più ostici.



Il sentiero è divertentissimo! Peccato che la sua manutenzione è pessima: a pensare che a Marradi girano diversi bikers, fa rabbia vedere un sentiero lasciato andare così, soprattutto vedendo che le tracce dei pneumatici sono fresche e in abbondanza...
Il sentiero è proprio bello e Marco se lo beve da cima a fondo!

Freeride!!!

Driiin! Driiin! E' il mio cellulare che suona... "Uee ragazzi siete in giro?" E' Gambero! E' appena tornato da una settimana con la sua ragazza  in cui sono andati da Santiago di Compostela sino a Finisterre in bici ed è ansioso di raccontarci il tutto. Ma come facciamo dico io a beccarci?
Gli dico dove siamo e non faccio tempo a mettere giù il telefono, che appena giunti a Biforco ce lo troviamo sul ponte ad aspettarci....

Il grande Gambero!

Evvai! Grandissimo!!! Una birretta e un panino al bar e comincia a parlarci della sua avventura. E' un fiume in piena e noi lo ascoltiamo a orecchie spiegate. Riviviamo in parte il cammino di Santiago che anch'io e Marco facemmo nel 2007. Che esperienza.
Ci alziamo dal bar e ci incamminiamo verso quello che sarà il clou della giornata. Giriamo dopo qualche centinaio di metri verso la strada ce porta al Passo dell'Eremo.

Si incomincia la (ari)salita

Dopo circa un km sulla dx sfiliamo davanti ala badia del Borgo, oramai non più un vero e proprio luogo di culto ma un borghetto restaurato con numerosi "vendesi" accanto ad esso. Il complesso comunque è molto bello e ci fermiamo un po ad osservarlo.

Badia del Borgo


Continuiamo a salire verso il Passo. Io non sto benissimo, ma la strada, se pur di una strada provinciale asfaltata si tratta, è molto bella. La salita non è mai dura e in prossimità di Val della Meta si aprono bellissimi scenari verso Femmina Morta e il Lavane.
Alcune nuvole ci avvisano che oggi il meteo sarà clemente sino a metà pomeriggio e di fatti i primi tuoni cominciano a riecheggiar nella vallata di San Benedetto in Alpe.


Gambero sale verso il Passo dell'Eremo

Arriviamo così ai 921 m del Passo dell'Eremo. Giriamo a sx lungo il CAI 521. Passiamo un cancelletto e spingiamo sino al punto più in alto dei pratoni sopra le Canove di Gamogna. La vista come sempre ripaga da ogni sforzo.

Le Canove di Gamogna

Da qui comincia il sentiero che porta a Gamogna: il sentiero è molto bello e vario. Passa da tratti in sottobosco tra faggi e castagni, sino a tratti aperti con vista sul Cozzo del Diavolo in pieno parco delle foreste casentinesi.



In men che non si dica, siamo davanti al bel complesso dell'eremo di Gamogna. Qui trekker e bikers sono a casa loro e l'ambiente silenzioso e di contemplazione del posto rendono magici questi luoghi.




L'edificio ha subito un notevole restauro soprattutto sotto l'impulso dal 1991 di Don Antonio Samorì. Va ricordato che lo stesso parroco ha restaurato la vicina Trebbana ed ora ha avviato la ricostruzione della chiesa di Lozzole.
Ma ora è tempo di ripartire. Ci riforniamo d'acqua alla vicina fonte e cominciamo ad effettuare la micidiale rampa cementata che porta alla croce.

Gambero si arrampica lungo la cementata.

Teniamo per un tratto la strada bianca quando a sx parte in forte salita uno stradello che in breve ci porta a prendere il CAI 521B sotto il Monte Gamogna.

Monte Gamogna alle spalle dei ragazzi

Poi dopo un piccolo tratto, ci mettiamo la bici in spalla e cominciamo a salire lungo queste pendici davvero fuori dal normale.

Portage!

Fino a chè non ci si apre questo...

Ma dove siamo?

I crinali di Gamogna!
La sola cosa che ci esce fuori dalla bocca è "Incredibile!".
Crinali e crinali di arenaria formano una linea continua per diversi km. Uno spettacolo da rimanere senza fiato come dimostrano Marco e Gambero.

Contemplazione della natura circostante

Il sentiero gira tutto in cresta, con delle pareti verticali così ripide da atterrire anche i trekker. Ma con buon controllo della bici e delle proprie emozioni, una volta addosso le protezioni, ci avviamo su di essi. E l'adrenalina che scorre cavalcando questi dorsali è qualcosa di unico, come di unico sono le immagini che ci portiamo dietro da questo posto...





Siamo in estasi. Non sembra nemmeno di stare sul pianeta terra. Gambero ci ringrazia non so mai quante volte per averlo portato sino qui.
Arriviamo dopo questa enorme "montagna russa" a incrociare  nuovamente il CAI 521 che manteniamo in pratica sino a Valcava, poi dopo una deviazione per non perdere dislivello su un bel flow in sottobosco, riprendiamo la segnalazione CAI sino a Monte Gianni. Qui il panorama è totalmente rivolto verso la vallata tra Popolano e Sant'Adriano.

Popolano visto da Monte Gianni

Da qui riprendiamo a scendere senza interruzioni sino a Marradi in un bel tratto tutto in sottobosco ricco di tratti filanti, radici e qualche saltino naturale.




Il sentiero è divertentissimo e dopo una breve scalinata entriamo sotto un portico e siamo in centro a Marradi.
Evviva!
Che giornata!
Il mio GPS segna 40 km e 1500 m dsl.
Un super giro che non ci resta che festeggiarlo alla nostra maniera!

Prost!

Ci salutiamo con Gambero e a Fognano anche con Marco.

Che giro... wow! I Faldi e i Crinali di Gamogna sono veramente tanta roba e mi viene in mente tutte quelle volte che siamo partiti così, senza tanto chiedere alla giornata ma che poi ci hanno portato ad affrontare luoghi così spettacolari.
Non mi stancherò mai di dire che vicino a casa nostra c'è un mondo tutto da scoprire o meglio da riscoprire. Magari la pigrizia può portare a non farci alzare dal divano o a rimanere sul lettino del mare, ma però sappiate gente che la fatica nel portare una bici sino a pinnacoli come quelli dei Crinali di Gamogna vale davvero il biglietto dello sforzo perchè, diciamoci la verità, conquistare taluni obiettivi richiedono enormi sacrifici, ma portano a risultati davvero superlativi. Come questi...

"La bicicletta siamo noi, che vinciamo lo spazio e il tempo: soli, senza nemmeno il contatto con la terra che le nostre ruote sfiorano appena" - Alfredo Oriani

QUI la traccia del giro.


26 ottobre 2013

Monte Stelleto, Giogana e Montolano

Organizzare un escursione non è così facile come sembra, soprattutto se si parla di MTB. Si devono cercare percorsi a salire il più possibile pedalabili e trail a scendere non da "corda doppia". Se per la seconda, soprattutto per chi ha una discreta tecnica non è un grosso problema, almeno nel nostro territorio, per la prima tante volte si hanno dei problemi salvo salire su asfaltate o doppiare in giornata talune carrarecce. Fortuna vuole che chi come me e chi vede la MTB come me, trova normale spingere la propria MTB laddove non si riesce o per questioni fisiche o per questioni ambientali a pedalarla. Solo così l'escursione si riesce a organizzare. Senza preclusione a nulla. Senza l'assillo del doverla fare in bici a tutti i costi. Senza l'assillo del tempo. Senza l'assillo della quotidianità.
E' proprio così che nascono giri come quello che abbiamo fatto attorno alla zona dell'Alpe di San Benedetto. Giri potentissimi, duri, affascinanti e caratterizzati da quel periodo magico che si chiama autunno, dove ogni singola foglia compone quel mosaico strabiliante del "fall foliage".

E' lunedì e dopo oltre un mese e mezzo che Marco è stato via per lavoro in Australia, lo risento al telefono. Io sto lavorando in zona Borgo San Lorenzo a far pulizia lungo gli alvei dei fiumi e il livello dell'acqua, con le piogge che sono cascate nella nottata tra il 20 e il 21 di ottobre, sono saliti a dismisura e non si lavora. Fatto sta che io e Palì decidiamo di farci un giretto a piedi e nel mentre decidiamo anche che sabato, sempre approfittando del fattore "treno", si può fare un bellissimo giro in tecnicolors attraverso l'Alpe di San Benedetto.

13 agosto 2013

Cavaliera e Monte la Faggeta

Siamo oramai a un mese e mezzo dal Superenduro di Palazzuolo sul Senio, gara in MTB che richiama da molte parti d'Italia riders con spiccate doti discesistiche e con una ottima preparazione atletica in quanto sono estremamente fisiche. Andrea (Pelo), presidente della SenioBike, mi dice che per queste settimane non ci sarà in quanto finalmente è in vacanza con la sua famiglia e ci chiede se magari con Meo si va a fare una "piluccatina" (tradotto: manutenzione) ad alcuni sentieri che saranno interessati dall'evento: Meo è una persona come poche ne ho avuto l'occasione di conoscerle e non esagero a dire che è unico al mondo. Una spiccata sensibilità verso l'ambiente, sincero, gran lavoratore, amante della  natura e vero e proprio "braccia" della SenioBike. Martedì mattina siamo davanti al Bar Gentilini di Palazzuolo e d'accordo con Live, Marco e altri ragazzi della SenioBike (ci sono anche due ragazzini nemmeno 14cenni di Palazzuolo con i decespugliatori in mano!!!! Altra categoria!!!!) decidiamo di dividerci per pulire il tratto dei Prati Piani (PS1 per chi fosse interessato): io, Marco, Live e Meo decidiamo di andare da metà in su per provare anche di pulire, se arriviamo, un altro tratto soprastante ai Prati Piani che è sempre stato un filino trascurato a livello di manutenzione. Così partiamo in tromba e a mezzogiorno siamo già a Prati Piani. Non contenti decidiamo così di provare a pulire il tratto che dai Prati Piani va verso La Faggiola. Comincia a piovere ma la nostra perseveranza fa sì che non sentiamo, nonostante sia il 14 di agosto, la temperatura che si è abbassata bruscamente e che si amalgama alle nostre maglie intrise di sudore e di acqua. Obiettivi comuni contro intemperie. finiamo la miscela e quasi arrivati in cima al sentiero, giriamo il culo e muoviamo a ritroso verso valle dove avevamo cominciato. Siamo fuori da oramai 11 ore. Siamo stanchi ma felici. Estremamente felici. Non c'è gioia più immensa di fare qualcosa assieme. Di lavorare in sincrono. Di ridere e scherzare. Quantificare la felicità dopo che abbiamo realizzato una tale mole di lavoro è difficile da far capire. Solo provandole si capisce.
Così arrivati a Palazzuolo, con Live ci salutiamo, mentre con Meo e Marco optiamo per una doccia veloce a casa di Meo e una buona pizza che francamente stasera ci sta tutta! Arriviamo così stanchi e affamati in pizzeria che oramai comincio a dar morsi alle posate. Meo si gira verso un tavolo. Scuote la testa e comincia a borbottare. Non capisco perchè... ma nel momento in cui mi volto anch'io capisco all'istante lo stato di insofferenza che ha Meo....

20 luglio 2013

Tra Poggio degli Allocchi e i Porcellecchi

Sabato 15 giugno... Siamo io, Live e Palì che stiamo scendendo dai Faldi (CAI 527). Ad un certo punto, lungo il sentiero, ci si mette di traverso un ragazzo con un motore da enduro. Poco sotto un suo compagno che gli fa cenno dove deve salire per completare "un passaggio" un tantino ostico. Io gli urlo tre, quattro volte per far sì che ci veda, ma nulla. E' così impegnato a girare il motore che nemmeno si preoccupa che ci può essere qualcun'altro dietro di sè. Quando finalmente si gira, vede il mio volto contratto dalla rabbia (già di mio non amo l'enduro) e che gli sbraito di tutto. E mentre sto scendendo di fianco a lui, non so come mi si chiude lo sterzo della bici e cadendo appoggio il braccio sinistro sul sentiero. Una caduta come tante altre, ma che mi procura un male incredibile. Scendo dalla bici, faccio il sentiero per un tot di metri a piedi, poi mi rimetto in bici e provo a vedere se riesco almeno a fare gli ultimi metri in sella e che caparbiamente riesco a chiudere. Arrivati sull'asfalto, andiamo alla stazione e mi dico che magari è solo una contusione al gomito. Una birra per aspettare il treno, un po di ghiaccio sul gomito e via verso casa. Passa un'ora. Ne passano due. Il male persiste. Così mi decido di andare al pronto soccorso di Faenza. Il braccio oramai mi fa un male bestia. Mi chiamano. Una lastra. Capitello radiale rotto in maniera lievemente scomposta, ma non da operare. Sono KO. Lo sono fisicamente e moralmente, anche perchè l'immobilità e l'inedia sono le cose di cui ho maggiormente paura nella vita.

Venerdì 19 luglio... Palì mi chiama per chiedermi se ce la faccio con il braccio e se ho voglia di fare un giretto in mtb. Io gli rispondo di sì e che è già da una settimana che oltre alla riabilitazione (che sta andando molto bene) sono uscito almeno 4 volte in MTB e che non mi pesa anche fare un giro tosto fisicamente, ma che magari tecnicamente sia alla portata del mio povero gomito. Marco dice che va benissimo, a patto che a fine giro ci scappi la birretta finale.

4 maggio 2013

Attorno al Monte Lavane

Mi ricordo un trekking che feci da bambino (avrò avuto 5 anni) con mio padre sopra le mie colline. Credo che fossimo nei pressi di Cà Malanca ed era l'inizio di primavera. Come ogni inverno che si rispetti, sui sentieri si trovavano rami secchi a terra, arbusti spezzati, alberi caduti. Uno di questi ci sbarrò di netto la via. Era un pino nero e la sua mole era enorme rispetto alla mia stazza. Certo io ero piccino e mio padre ancora in ottima forma per superarlo, ma mi chiese di tirargli fuori dallo zaino un seghetto che teneva sempre con se quando andava in giro. Lo estrassi e lo posi tra le mani di mio padre. Cominciò ad aprirsi un varco tra i rami, poi cominciò a segare il tronco in due pezzi. Mi chiese di riporre il segaccio nello zaino e così feci. Poi cominciò a spostare i rami e i due pezzi di tronco che tagliò. Io spostai qualche rametto e correvo a destra e a manca per farmi vedere che anch'io ero bravo e forte come lui. Alla fine il sentiero era sgombero e potemmo proseguire nel cammino mano nella mano.
Chiesi perchè lo avevamo fatto e per quale scopo: "Lo abbiamo fatto per mantenere pulito e ben percorribile il sentiero, così la prossima volta che verrai non ti dovrai arrampicare sopra qualche riva o strisciare sotto l'albero per proseguire il cammino... il sentiero era così prima e così lo deve essere tutte le volte che lo vorrai venire a fare."
Devo molto a mio padre per questi insegnamenti e per il rispetto che mi ha dato verso la montagna. E mi vien sempre da ricordare quel giorno come la mia prima manutenzione ad un sentiero. Una cosa che ad oggi faccio con estrema devozione verso il mio territorio che mi ha partorito e che mi ha dato modo di mangiare e di appassionarmi ad esso.

21 aprile 2013

Il fosso delle Fogare

Partiamo da circa metà escursione...
Io e Gambero siamo a Cà del Piano che stiamo cercando l'imbocco giusto per scendere lungo il sentiero delle Fogare. Guarda su un sentiero... nulla. Guarda sull'altro... nemmeno. Guarda in quello dopo e imboccando il sentiero siamo in un pascolo privo di vegetazione. L'erba verde smeraldo punteggiata da margherite. Quando ad un tratto sbuca un uomo con zaino e accento della parlata tipicamente fiorentina. "Salve giovani... o che voi fate qua con queste biciclette?". Comincia così una bellissima e comica chiacchierata che ci terrà fermi una buona quindicina di minuti.
Quest uomo, di cui non mi ricordo già più il nome, è nato proprio alle Fogare ed ora vive a Scandicci. Ha 77 anni, ma ha la verve di un quindicenne. Ci parla di questi luoghi ameni, di Cà del Piano, il Cigno, Le Fogare, Pian delle Fagge, Vallombrosa. Ci parla di come era difficile stare in quei tempi in queste valli. Ci racconta però quanto gli mancano questi luoghi e quanto ancora gli trasmettono. Ha sullo zaino tre rami che ha intagliato da alcuni cornioli per farci dei validi bastoni per andare a passeggio. Uno è molto bello e si vanta che ci farà una testa di un qualche animale. Ci mostra anche le sue mani, piene di tagli e rughe. Un taglio se lo è procurato a casa proprio lavorando uno di quei rami. Le sue mani sono dal mio punto di vista la carta d'identità di questo uomo. E con quelle mani ci indica la strada giusta da seguire. Non è stato il mio GPS. Nemmeno una cartina. Ma una mano semplice che per diletto intaglia il legno.

E' sabato e comincio a pensare cosa fare domenica e dove andare soprattutto. E' da un tot che vorrei fare un sentiero che costeggia il Fosso delle Fogare e nonostante i vari siti meteo mettano acqua, io non ci dò molta importanza e decido che il giorno per affrontare questa escursione è arrivata.
Un giro di chiamate e l'unico ad accettare la mia proposta è Gambero. Mi dice che arriverà a Palazzuolo sul Senio non prima delle 9.30 in quanto deve "fare la notte": Gambero lavora nei pompieri ed è soprattutto, al di là della bravura in MTB, un grandissimo alpinista!

1 aprile 2013

Cascata dell'Abbraccio, Lagune e Ciriegiolo


Marzo 2013 verrà da molti ricordato per la quantità industriale di pioggia che si è abbattuta non solo nelle nostre zone, ma in pratica in tutta Italia.
Ci sono frane ovunque, anche se di modesta entità e per chi ha dei lavori il cui reddito prescinde da ciò che ti da la terra, è davvero difficile poter operare in condizioni del genere. 
 Ma se da una parte l'acqua quando cade così copiosamente comincia a diventare un problema, dall'altra però è un elemento prezioso che invigorisce le piante, la fauna acquatica e i nostri fiumi. Già... i nostri fiumi! Autostrade di vita. Troppo spesso ci scordiamo di queste importanti arterie che hanno segnato i nostri territori nel bene e nel male. Fiumi che danno la vita e il modo di nutrirsi a numerosi animali. Fiumi in cui attingiamo sia per usi alimentari che domestici l'acqua. Fiumi che avveleniamo. Fiumi disidratati per dare energia a piante che dovrebbero stare mille mila miglie lontani da noi.
Troppo spesso ce ne scordiamo e troppo spesso guardiamo la pioggia come un di più in tante occasioni, invece è la vera corrente, la vera energia che alimenta in gran parte il nostro pianeta.

17 marzo 2013

Il Cul. della Rosona

"Ciao Teddy sono Minx, domani allora dici che si fa il Cul. della Rosona, no perchè è dall'estinzione dei mammut che non vado in bici." "Tranquillo Ste.... vedrai che domani non prendiamo nemmeno un rigolo di fango! Stai tranquillo!!!". Chissà perchè quando uno dice tranquillo dentro alla sua testa sa che non sarà così...
E' tutta settimana che almeno ogni giornata una bagnatina l'ha sempre fatta. Di acqua ce ne è in abbondanza in ogni dove e in alto addirittura c'è neve. L'ultima "innaffiatina" l'ha fatta venerdì mattina e trovare un sentiero degno di nota da poter raidare non è facile in queste condizioni. L'unico sentiero che in mente mi vien da avvicinare alla parola "fattibile", è un sentiero che per noi della Val Lamone MTB significa tanto: il Cul. della Rosona. Questo lo si può definire in diversi modi: panoramico, trialistico, pedalato, sempre asciutto. Lo inaugurammo un anno e mezzo fa in versione beta, ovvero ancora non come sarebbe poi divenuto. Inoltre è un secret spot: ahimè poco distante dal sentiero passano numerosi enduristi su svariate strade e per preservare questo sentiero abbiamo deciso sia di non parlarne con molte persone, sia di non pubblicarne una sua traccia per l'uso con il GPS. A mali estremi, estremi rimedi... mi spiace solo non poterlo pubblicizzare come merita di esserlo, solo e sempre per causa di qualche imbecille. Inoltre chi ci ha indicato questo sentiero è proprio il proprietario che è un endurista e che ci ha espressamente detto di non enfatizzarlo proprio per non portarlo alla luce di altri enduristi!!!! Il colmo!
Come Minx mette giù il telefono sia Palì che Enea (uno dei ragazzini che esce con noi) mi chiamano per dirmi che anche loro domani ci saranno. Roberto mi chiama e mi dice che ci sarà, ma all'indomani la sveglia non suona e ci dice di andare.

10 marzo 2013

Il Castello di Fornazzano

E' tutta sera che piove a dirotto sulla Romagna e a dire il vero non promette nulla di buono nemmeno per domenica mattina. Cerco allora di chiamare Robi e Marco per avere anche una loro impressione  e decidiamo che se non piove magari una sgambatina si potrebbe fare. Chiamo allora anche Ivan che ci dice che se la sua piccolina la fa dormire magari c'è anche lui. Decidiamo così che alle 7.30 ci troviamo davanti al forno di Fognano.
L'indomani ci si apre una giornata splendida: la nebbia si sta diradando e lascia apparire un bel cielo azzurro puntellato dalle nuvole. Se però guardo dalla mia finestra Monte Colombo, vedo ancora il cielo di un colore scuro, carico di acqua da quel che sembra. Mahhh.... sarà che in casa se ci rimango questa domenica mi scoppia la vena e così comincio a prepararmi lestamente. Mi sento arrivare due messaggi sul cellulare e sono Marco e Ivan che abdicano l'uscita: il primo perchè è ancora sfasato dalla recente uscita lavorativa in Canada, l'altro perchè la sua bambina non l'ha fatto dormire quasi x niente. Mannaggia, mi dico io, manca solo Robi e anche oggi mi tocca uscirmene da solo. Così vado per le 7.30 davanti al Forno e dopo nemmeno un minuto arriva Roberto con quel sorrisino che ti fa capire che è ora di andare.

29 ottobre 2011

Faentina Express


E' domenica e piove. Le previsioni meteo non danno nulla di buono nemmeno per domani, anzi. Sembra imminente l'arrivo di una nuova perturbazione molto fredda che porterà della neve. E' tutta settimana che sono (quasi) a riposo in quanto ho un problema alla schiena e non sono nemmeno riuscito ad andare una volta ne in bici e nemmeno a piedi.

Guardo fuori dalla finestra e l'alone che con il mio respiro formo sul vetro mi da l'idea che siamo più in fase autunnale che in primavera. Già, l'autunno. L'autunno è un momento glorioso per le piante: vanno in stasi e lasciano dietro di sé colori e ancora colori. Il periodo più variegato dell'anno che annuncia l'imminente arrivo dell'inverno e della dama bianca. Chissà perchè se penso all'autunno mi viene in mente la Faentina Express, un giro che facemmo io e Marco a fine ottobre del 2011 nella zona del Mugello. Un giro che mi rimarrà nel cuore dalla prima all'ultima pedalata...